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sabato 18 ottobre 2008

Ho trovato una letterona di un'altra mamma...

Sono in perfetto accordo!

La non scuola di mio figlio
Sono la mamma di un bimbo di quasi 6 anni che lo scorso 16 settembre ha varcato per la prima volta la soglia della locale (ed unica) scuola elementare. Nonostante tentativi al limite del condizionamento psicologico da parte del personale dirigente dell’Istituto Comprensivo in questione (che, in realtà, di ‘comprensivo’ ha solo il nome), siamo riusciti ad iscriverci in prima con qualche mese d’anticipo, visto che il pargolo è nato a febbraio ’99. Mi si domanderà perchè ho insistito a volerlo mandare a scuola. Per un semplicissimo motivo: il bambino voleva imparare a leggere ed all’asilo (pardon, scuola materna) non era possibile farlo. Inoltre quest’estate, girellando su internet, mi sono imbattuta nelle opere di Glenn Doman, l’americano che mezzo secolo fa si era accorto che i bambini cerebrolesi di 3 anni erano in grado di imparare a leggere e ciò era per loro, per il loro sistema nervoso centrale, la migliore terapia, perchè sviluppava ed organizzava i circuiti neuronali. Ma voi saprete certamente chi è e cosa ha fatto Glenn Doman e la sua Gentle Revolution. Avendo mio figlio ormai superato i 5 anni, abbiamo optato per la scuola. Mai scelta fu peggiore, e, comunque, anche se avessi aspettato un anno, sempre mi sarebbe toccato l’amaro boccone! Purtroppo alla scuola del cosiddetto obbligo non si può sfuggire, e sempre più comprendo la fuga di Guareschi all’idroscalo il primo giorno di scuola della piccola Carlotta.
Qual’è il mio bilancio dopo tre mesi tra i banchi? Solo questo: se non fossi costretta a lavorare tutti i giorni fino alle 3 del pomeriggio, sceglierei senz’altro, extrema ratio, l’ homeschooling, la scuola familiare. Vi sembro esageratamente pessimista o morbosamente attaccata a mio figlio? Può darsi, ma io non riesco a digerire a cuor leggero che la mente di mio figlio venga ‘ottusa’ (da ottundere), resa opaca, anestetizzata da mediocri funzionari statali che, se almeno fossero buoni funzionari statali, obbedirebbero alle leggi vigenti e non userebbero i bambini come scudi umani per la propria ideologica e crassa ignoranza. Non solo non sono educatori (da e-ducere), ma neppure ligi funzionari. Ebbene, dopo tre mesi, mio figlio non ha più alcun desiderio di leggere, ma è stato convinto da forza maggiore (almeno 60X3= 180 chilogrammi di maestre coalizzate) che dovere del buono scolaro è compilare stupide schede fotocopiate, riempire gli spazietti lasciati vuoti, bontà loro, da pedagoghi che per mesi hanno cercato di convincerlo che c’è un topo che vede il mare. Proprio così: per quasi due mesi questo topo è stato lì, a vedere il mare; forse, poi, ha trovato la forza di fuggire ed è stato sostituito da una sirena, che, almeno, è abituata alle marine.
La maestra di italiano mi dice che sa leggere, ma non capisco se sia una pietosa bugia (ispirata da una pietà che non ho mai chiesto) o se la novella Montessori sia veramente convinta di quello che va dicendo. Il bambino non sa leggere: conosce, o, meglio, riconosce visivamente alcuni grafemi (si dice cosi?). E’ una specie di cane di Pavlov umano, il mio povero bimbo: lui che a casa parla di tutte le specie di serpenti e sa dove vivono, che riconosce i vari paesi sulla carta geografica, che parla della guerra di Troia con l’entusiasmo di Achille e di Tutankhamon con la serietà di un sommo sacerdote; lui cui brillano gli occhi a sentire il racconto delle gesta di Cesare in Gallia.....è stato abbandonato su una spiaggia in compagnia di uno sperduto topolino che vede il mare!
Non sa scrivere. Mi spiego meglio: è mancino e scrive malissimo. Prima ci siamo confrontati con lo stampato maiuscolo, poi con quello minuscolo (terribilmente difficile ed inutile per le sue maldestre manine), ora siamo al corsivo, che, faticosamente, cerco di fargli imparare. Ho supplicato le maestre di dargli un po’ di compiti, per farlo esercitare a casa e non creare nella sua mente una sorta di scuola-ombra casalinga: niente da fare. Non vogliono che il bambino si affatichi: ora il bimbo piange perchè si rende conto di scrivere male. Bel risultato, davvero! Moderne psicologhe, così attente a non ferire gli animi infantili da non accorgersi che il bambino soffre di più a vedere che scrive male che a fare il compito, che lo avrebbe aiutato a superare le proprie difficoltà!
Ho preso ferie durante le vacanze di Natale e siamo rimasti a casa: il maltempo ci è venuto incontro costringendoci a lunghe ore domestiche. Facciamo brevi esercizi, 10-15 minuti, diverse volte al giorno: un po’ leggiamo, scriviamo brevi pensierini, giochiamo a cambiare i tempi verbali delle frasi, a fare le rime con le parole. Ma mi accorgo che il bambino non ha mai sentito la parola consonante, nè sillaba, che non sa che il punto e la virgola si scrivono in basso a destra, mentre l’accento va in alto. A dire il vero non sa nemmeno a cosa servano questi segni. Tutto gli viene dato in pasto alla rinfusa, senza spiegazione: forse sperano che capisca da solo, che ricavi da solo il significato dei segni? Ma che lingua pensano di stare insegnando? Il bambino cerca le regole, assetato di certezze com’è, ma è peggio del suo amico topo: quello vede il mare, questo vi è immerso......e non sa nuotare! Se io gli dico:”Il punto si mette qui, perchè vuol dire che la frase è finita”, sono sicura che metterà il punto ogni volta che penserà che la frase sia finita. Perchè non glielo dicono? Eppure le maestre sono sempre così impeccabili, con quel loro gergo a metà tra il politichese ed il sindacalese: obiettivi, progetti, competenze, abilità, percorsi formativi. Sembrano moderne riviste in carta patinata, ma piene solo di pubblicità: da leggere non c’è niente. Alla riunione dei rappresentanti di classe (mi sono messa rappresentante dei genitori, nella speranza di capire qualcosa di questa armata Brancaleone) le insegnanti, visibilmente fiere delle proprie performances, hanno annunciato, tra i vari ‘progetti’, il varo del Progetto Lettura. Ohibò, avrebbe detto mia nonna, ragazza del ’99: cos’è mai questo Progetto Lettura? Non è lo scopo principale della prima elementare imparare a leggere? Non si legge ad alta voce, tutti i giorni in aula? Eh, no, cari i miei brontosauri: c’è lettura e lettura, e qui si tratta di una lettura di alto lignaggio. Le docenti hanno spiegato, obtorto collo, alla plebaglia presente, che trattasi di lettura di un libro (un libro? un libro vero? aiuto!) o, meglio, un libro illustrato (volevo ben dire! abbiamo rischiato grosso!) in classe ed alla fine del ‘progetto’ varcherà la soglia dell’aula, maestoso ed accolto da un tripudio di pargoli e maestre in delirio, un illustratore, vero questa volta, di libri per l’infanzia, che mostrerà ai pargoli le finezze dell’arte illustratoria. Sono davvero confusa: io in terza elementare passavo i pomeriggi a divorare i libri di Giulio Verne, in quelle edizioni cartonate in cui vi erano solo sei o sette illustrazioni, in tavole inserite tra una pagina e l’altra, e mai al posto giusto nello svolgersi della storia. Di solito le guardavo tutte prima di iniziare a leggere il libro, ma, poi, durante la lettura, mi davano fastidio, perchè interrompevano la mia immaginazione. Mi sento un animale in via di estinzione e per me il WWF non spende una parola!
Ora devo smettere perchè sto espandendomi come una supernova, ma sentite l’ultima chicca. Alle 27 ore obbligatorie si sono aggiunte 3 ore facoltative, di ‘laboratorio’, importantissimo, secondo le maestre. Si tratta di un ‘laboratorio teatrale’, il che null’altro significa, se non le vecchie ‘scenette’, che la vecchia maestra ci faceva fare quando ci vedeva ormai stanchi: peccato che queste ore ‘facoltative’ vengano svolte la mattina, e l’italiano il pomeriggio!
Secondo le maestre mio figlio chiacchiera troppo: grazie a Dio ha un buon carattere e si limita a chiacchierare per far passare 4 od 8 ore a scuola! Ma forse vorrebbe scappare col topo!


Rita Bettaglio
(questa lettera viene da http://www.cnadsi.it/vocegf05.htm)

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